giovedì 22 novembre 2012

Considerate se un malato di SLA è un uomo...

Sono rimasto colpito dalla protesta che i malati di SLA stanno mettendo in piedi in questi giorni; il limite si è raggiunto ieri quando alcuni malati si sono fermati davanti al Ministero dell'Economia minacciando di lasciarsi morire: avevano dei respiratori portabili con la capacità di 5-6 ore e, se non fossero stati ascoltati, li avrebbero lasciati scaricare.


. «Sono nove mesi che chiediamo risposte - ha sottolineato Mariangela Lamanna, vicesegretaria dell’associazione Comitato 16 novembre onlus -. Chiediamo solo il rispetto della Costituzione, che garantisce il diritto alle cure».  (fonte)

Il sottosegretario Polillo ha promesso un fondo suppletivo di 200 milioni di euro per l'assistenza domiciliare h24 per i malati più gravi segnalati dalle ASL in collaborazione con i Carabinieri (necessari, secondo il sen. Marino, per aiutare le ASL ad essere più efficienti)

Per Giuseppina Vincentelli, moglie del segretario del Comitato 16 novembre Salvatore Usala, “l’incontro è andato bene, ma abbiamo dato cinque giorni per mettere in pratica queste cose, altrimenti siamo pronti a tornare in piazza a protestare”. (fonte)


Il punto che a me continua a lasciare basito è la mancanza di visione per chi malato lo è ma non gravissimo e che spende ingenti capitali e energie per vivere ogni giorno una vita il più possibile "normale": per i malati ormai terminali si trovano degli spiccioli e per chi invece vuole vivere una vita normale?

La nostra società è troppo piena di concetti estremamente sbagliati: il concetto del "non nel mio giradino" che, fin quando non viviamo in prima persona una situazione, quasi ci da fastidio vedere quelli che la vivono; il concetto del "oh poverino": con la compassione non si campa e un malato è prima di tutto una persona con una dignità, vuole fare una vita "Normale"; il concetto del "c'è troppo debito, tu sei un costo per il Servizio Sanitario": sono esseri umani e qualsiasi cosa possa rendere una vita "normale" deve essere fatta e non bisogna creare un meccanismo psicologico nel quale ci si debba sentire in colpa solo perché si è malati; il concetto del "ti concedo una assistenza": quella che ci vuole è una cura sia fisica che sociale.

Mi viene in mente questa poesia di Primo Levi: pur non volendo togliere nulla alla Shoah e al significato originario della poesia, non dimentichiamoci che nei campi di concentramento si toglieva la dignità dell'uomo e che venivano deportati anche le persone con disabilità e alcuni tipi di malati...

Che oggi la società sia in preda ad una mentalità di capitalismo spinto che ha perso di vista le esigenze dell'uomo e relega tutta una serie di categorie, dai malati alle persone con disabilità, in un campo di concentramento di fatto?



Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

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