mercoledì 10 ottobre 2012

Poesie politiche di Pablo Neruda - La mia storia sul web

Ho deciso di recuperare, prima che vada persa, la mia "Storia sul web": nonostante questo blog sia "giovane" ho un blog fin dal 2005 e, con altri, ho aperto un blog, ormai purtroppo non più aggiornato, chiamato "Il vero cambiamento" ; è da quest'ultimo che ho deciso di cominciare a recuperare i miei post che, di volta in volta, pubblicherò: è il post che ebbe più successo (google analytics docet), lo scrissi mentre ero in Francia per un progetto Erasmus e, chissà, magari anche oggi avrà il successo di allora

Ecco a voi Neruda

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post pubblicato in Poesia, il 23 aprile 2008

Salve ragazzi,
con lo spirito dell'italiano all'estero, vi mando due poesie di un grande della poesia sudamericana: Pablo Neruda




Il popolo

Portava il popolo le sue bandiere rosse
e tra la gente sulle pietre che calcava
io mi trovai, nel giorno strepitoso
e sulle alte canzoni della lotta.
Vidi passo a passo le sue conquiste.
Sola strada era la resistenza,
mentre isolati eran brani rotti
d'una stella, senza bocca né spicco.
Così nell'unità fatta in silenzio
erano il fuoco, il canto invincibile,
il lento passo umano sulla terra,
trasformato in profondità e battaglie.
Erano dignità che combatteva
gli antichi soprusi, e risvegliava
a sistema l'ordine delle vite,
che bussavano alle porte per prender posto
nella sala principale con le bandiere.
  

Inno e Ritorno 

Patria, patria mia, a te rendo il mio sangue.
Ma t'imploro, come implora la madre al figlio pieno di pianto.
Accogli questa cieca chitarra
e questa fronte sperduta.Partii a cercarti figli sulla terra,
partii a soccorrere caduti col tuo nome di neve,
partii a costruire una casa col tuo legno puro,
partii a recare la tua stella agli eroi feriti.

Adesso voglio dormire nella tua sostanza.
Dammi la tua chiara notte di corde penetranti,
la tua notte di nave, la tua stellata statura.

Patria mia: voglio cambiare d'ombra.
Patria mia: voglio mutre di rosa.
Voglio allacciare il braccio alla tua esile vita
e sedermi sulle tue pietre calcinate dal mare,
per fermare il grano e osservarlo all'interno.
Io sceglierò la sottile flora del nitrato,
filerò lo stame glaciale della campana,
e guardando alla tua illustre e solitaria spuma
un ramo litorale tesserò alla tua bellezza.

Patria, patria mia,
tutta accerchiata d'acqua combattente
e di neve combattuta,
in te s'unisce l'aquila allo zolfo,
e nella tua antartica mano d'ermellino e zaffiro
una goccia di pura luce umana
risplende e incendia il cielo nemco.
Serba la tua luce, oh patria, mantieni
la tua tenace spiga di speranza
in mezzo alla paurosa aria cieca.
Nella tua remota terra è caduta tutta quest'ardua luce,
questa fatilità degli uomini,
che ti spinge a difendere un fiore misterioso,
solo, nell'immensità dell'America addormentata.

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