giovedì 11 ottobre 2012

Il diritto di voto è per tutti?

Si avvicina il momento del voto: dopo la mia analisi sulla legge elettorale che, come ho scritto qualche giorno fa, sarebbe auspicabile che non cambiasse, voglio fare presente alla collettività un problema che vivono migliaia di cittadini italiani che si vedono negati il diritto di voto.

Mi si dirà: ma se non si è condannati per reati gravi e si è cittadino italiano, come si fa  a non avere il diritto di voto? Lo si ha ma... a pagamento! Si avete letto bene A PAGAMENTO.

C'è una categoria di cittadini, i "fuori sede" o, come li ho definiti io, i "domiciliati non residenti" che il proprio diritto di voto devono pagarselo. Chi ha studiato in un'altra città diversa da quella in cui è residente sa che, non facendo reddito e/o prendendo una borsa di studio, non ha potuto prendere la residenza ed è costretto a pagare cifre variabili e a farsi ore interminabili di treno o, per i poveri sardi, di traghetto, pur di votare.

Da una città del nord ad una del sud il diritto di voto costa sugli 80-100 euro: è vero che c'è uno sconto del 60% di trenitalia ma questo è sulla tariffa base e aggiungendo i vari supplementi (dato che gli intercity e gli espresso sono stati sostanzialmente eliminati tutti) si fa prima a prendere le offerte che di volta in volta mette in vendita trenitalia in quanto si risparmierebbe di più. Calcolate che molti dei fuori sede sono borsisti, ciò vuol dire che il reddito di questi studenti non è elevato e che il voto diventa un lusso.

Questo però non impedisce che gli italiani residenti all'estero possano votare comodamente da casa col voto per corrispondenza: per gli italiani in Italia non è garantito un diritto che è garantito per gli italiani all'estero.

Allora qual è la soluzione?

Potremmo adottare una soluzione "alla francese" col voto per mandato nel quale una persona da mandato ad un'altra per votare in un certo modo: quest'ultima riceverà due schede elettorali mettendo in una la propria preferenza e nell'altra la preferenza indicata dalla persona impossibilitata a votare; credo però che una soluzione di questo tipo possa porre una serie di problemi sia sotto il profilo antimafia che sotto il profilo di scambio di voto.

Una soluzione che prospettai inascoltato qualche anno fa fu di creare dei collegi volontari di domiciliati non residenti di modo che volontariamente ci si potesse iscrivere in liste apposite nella città di domicilio, ovviamente provando il motivo del domicilio: ciò sarebbe stato concesso essenzialmente per gli universitari, che, quindi, avrebbero potuto votare per le politiche, per i referendum e per le elezioni europee senza pagarsi il proprio diritto.

Mi ero spinto oltre: un universitario che vive 10 mesi l'anno in una città diversa dalla propria dopo un paio di anni che volete che sappia della politica della sua città di origine? Conosce i problemi della città nella quale vive e molto meno i problemi della città da cui viene. Si potrebbe, ad esempio, dare il diritto di voto alle amministrative a chi da più di un anno è domiciliato in una città vivendola, pagando l'affitto, facendo la spesa, promuovendo e partecipando alla vita culturale e civica.

Il mio appello alle forze politiche e ai sindacati studenteschi è che prima delle prossime politiche si apra uno spiraglio per le migliaia di cittadini che ad ogni elezione devono "pagare" per il diritto di voto.

Che sia la volta buona?

1 commento:

  1. Ciao Kaddo, visto che siamo in tema, ecco il nostro link. Qualche lettore incuriosito potra' trovare qualche piccola risposta.
    www.iovotofuorisede.it

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