di Pier Giorgio Serra
‘Dottore, sono malato!’
‘Mi dica pure, di cosa soffre, figliolo?’
‘Ho la pareggite!’
Beh, più o meno io la immagino così la conversazione tra il Frosinone e il gioco del calcio.
È il quarto pareggio consecutivo quello di ieri per i canarini, il nono in campionato. Voglio raccontarvi della mia esperienza allo stadio Benito Stirpe, dove sono andato a vedere un match semplice sulla carta per i ciociari, ma che si è rivelato più ostico di quanto si pensasse: Frosinone – Cesena.
Hanno ragione quelli che vi dicono: ‘State accorti nel portare i bambini allo stadio, è pericoloso, vi fate solamente male!’. Ed hanno ragione, per la miseria! Ero talmente vicino al campo che un attimo di distrazione è stato fatale. Mi giro per controllare il posto a sedere e mi arriva una pallonata di striscio in faccia da parte di Cacia. Sono degli animali nel mondo del calcio, incivili! Nemmeno mi ha chiesto scusa…
Siamo seduti in curva nord, settore C, sesta fila (in realtà avevamo la prima, ma dai – siamo Italiani – nessuno si siede veramente nel posto assegnato in curva), esattamente dietro la porta, a un’altezza perfetta per ammirare lo spettacolo. Sono talmente vicino che sento Bardi (portiere frusinate) imprecare e dirigere la difesa. Seggiolino scomodo il giusto, Serie cadetta, temperatura vicina ai 5 gradi, pioggerellina. Il clima giusto per starsene a casa al calduccio, davanti al fuoco e con una tazza di the, copertina tattica, poltrona e maratona di Serie B (prepartita con Diletta Leotta), Bundesliga, Premier, Liga, anche lo Zecchino d’Oro se avete marmocchi al seguito che giocano con il vostro telecomando e che voi non riuscite a persuadere che un qualsiasi Benevento-SPAL sia più interessante del coro dell’Antoniano. E invece no, sono in questo nuovo gioiellino, terminato da qualche mese per ospitare le partite del Frosinone Calcio e pergodermi un rocambolesco 3-3 tra la squadra ciociara e i cavallucci marini bianconeri.
È un peccato che non ci sia il pubblico delle grandi occasioni, ma il calore non tarda a farsi sentire, sia dalla curva nord casalinga ma anche dai circa cinquanta tifosi romagnoli che hanno sostenuto ininterrottamente la propria squadra con cori, bandiere e tamburi. Sono proprio questi ultimi a festeggiare con il primo goal di giornata al 17’. In seguito a un inserimento di testa di Laribi su cross di Kupisz, niente può fare Bardi che poco prima era stato miracoloso, sempre in seguito a un colpo di testa da distanza ravvicinata. Ma concentriamoci su Kupisz, il protagonista di giornata, croce e delizia. E già, Kupisz, ah, il vecchio Kupisz, il caro vecchio Kupisz… ah raga’, ma chi diavolo è Kupisz?!? Faccia d’angelo, aizzatore di proteste, nome impronunciabile, in poche parole l’eroe che meritiamo ma di cui adesso non abbiamo bisogno. Uomo assist nel primo goal, intervento osceno nel pareggio quando rinvia male, al 20’, sui piedi di Beghetto (che al momento di dover urlare il suo nome insieme allo speaker ho continuato a ripetere impunito ‘ha segnato, con il numero 11, Andreaaaa SEGHETTOOOOO’. Raga’, ero convinto, l’avrò ripetuto sei volte. E niente, breve storia triste) e rosso diretto, con conseguente rigore, per una manata in faccia a gioco lontano nei confronti del nostro amico ‘Seghetto’. Dal dischetto va Dionisi, che al minuto 35’ trasforma il rigore e
realizza il primo goal al Benito Stirpe e chiude il secondo tempo sul 2-2. Già, vero, piccola dimenticanza, il Cesena aveva visto il secondo vantaggio sempre con Laribi, l’uomo delle doppiette, quarto goal in campionato e secondo bis messo a segno dopo la doppietta di Perugia. Il primo tempo si conclude con molte proteste e nervosismo, da entrambe le parti, ma non sugli spalti, o almeno non per i signori dietro di me, tifosi navigati e nostalgici del calcio passato, nonché grandi esperti del calcio presente. Sto ancora ridendo pensando quando, all’ennesimo possesso inconcludente del Frosinone e all’improduttività di Ciofani, uno si gira verso gli altri e fa: “Eh, non ci stanno più gli Schillaci di una volta…”. Per non parlare dell’accurata riflessione sul big match di Serie A di venerdì sera: “Mbè, sto Napoli, ma se togli Insigne e fai giocà Wewe (Ounas) ma quando ci segni contro la Juventus!?”. Il secondo tempo si apre come si era concluso il primo: grande nervosismo, Cacia viene espulso in panchina (ti sta bene, la prossima volta impari a colpirmi in faccia senza chiedermi scusa!) e manovra lenta da parte del Frosinone, nonostante la presenza dell’uomo in più. Ma la partita cambia nuovamente: al 32’ Matteo Ciofani assiste suo fratello Daniel in area, salvataggio miracoloso dell’estremo difensore Fulignati, ma sulla respinta arriva la stilettata rasoterra di Soddimo che si insacca nell’angolino basso. Lo Stirpe esplode, ci siamo, è fatta! Sì, come no. Al 39’ Jallow, MVP dal mio punta di vista, che ha fatto a sportellate per tutta la partita coprendo il reparto da solo e ha macinato chilometri in lungo e in largo, si libera di due difensori gialloblu e tira una mozzarella che però riesce a beffare Bardi. Curioso l’atteggiamento del portiere canarino che dopo il goal, invece di pensare alla partita, comincia a programmare un’uscita fuoriporta con suo zio, per vedere non so che orto all’interno di un bioparco mentre indossano la gonna. Evento alquanto insolito ed affascinante, oserei dire. La partita si chiude, due punti persi dal Frosinone che aveva una paura matta di vincere, ma un punto fondamentale guadagnato in chiave salvezza dal Cesena, che non voleva perdere a nessun costo.
Vedere le partite al Benito Stirpe di Frosinone è un piacere per gli occhi, soprattutto per chi, come me, fino a sabato era abituato alla lontananza dell’Olimpico di Roma. Lo spazio attorno all’impianto è escluso al traffico, a meno che tu non abbia pagato un abbonamento annuale per poter parcheggiare proprio a ridosso dello Stirpe. Poco importa, con un euro ci sono navette che ti conducono dai parcheggi predisposti al pubblico allo stadio, niente di più comodo ed efficiente. Internamente lo stadio è notevole, con seggiolini colorati e una distanza massima dal campo di circa due metri che garantiscono una vista ottima da ogni posizione e consentono di creare quell’ ‘effetto bolgia’ che in molti casi riesce a spingere la palla in porta e portare la squadra di casa al successo. Fuori c’è molto da lavorare, non si sente ancora quell’odore di unto e fritto proprio del sano clima calcistico. Una birra locale 0,3 – devo dire buona – ha un costo di 4 euro.
Ripensandoci, in questo periodo, vi consiglio piuttosto un bel the caldo, in vendita al baretto dello stadio: tempra gli animi e riscalda i sederi nelle fredde partite invernali. Si dovrebbe puntare maggiormente sul merchandising e valorizzare un piccolo gioiello che da pochi viene compreso. Per concludere, posso solo invitarvi ad andare allo stadio, a frequentarlo con la passione e l’entusiasmo che merita, a supportare i propri colori e vedere i propri ‘eroi’ da vicino. Come disse Gianni Brera, in alto le bandiere e i canti per la passione di uno sport che fa tornare bambini.
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