Oggi apre a Torino il Salone del Gusto che quest'anno viene organizzato con Terramadre: ma cosa consistono queste "fiere"?
Il salone del gusto nasce nel 1996 sotto l'impulso della Regione Piemonte che, con la Provincia ed il Comune, sotto la spinta di Slow Food, decidono di aprire questa fiera enogastronomica con il fine di promuovere i prodotti locali ed uno stile di alimentazione che fosse da un lato sano e dall'altro che promuovesse le culture alimentari variegate.
Terramadre è un progetto di Slow Food nato nel 2004 che ha come fine mettere insieme i produttori del sud del mondo e portare alla ribalta le problematiche quotidiane degli stessi.
Quest'anno le due fiere si uniscono in una unica offerta che prevede sia una dimensione nazionale che una dimensione internazionale.
Il cibo è alla base della vita di ogni essere umano e nel cibo vi è tutto: l'energia, la tutela del territorio, la tutela della salute, le tradizioni culturali di un popolo e di una comunità.
Tutto parte da li, dalle radici che ogni essere umano ha e anche il fatto che semanticamente si parla di "radici" ci porta a riflettere che le scelte di ogni giorno possono sviluppare ciò che siamo sia in quanto individui e sia come individui in una comunità: solo se ha solide radici un albero può svilupparsi e crescere rigoglioso.
Nel mondo globalizzato abbiamo grosse opportunità e grossi pericoli: abbiamo l'opportunità di assaggiare cibi provenienti da ogni parte del mondo e, tramite questi, scoprire culture e storie che, senza il gusto, ci apparirebbero lontane; una vicinanza che possa prendere tutti i sensi e che possa renderci più vicini alle necessità di persone così distanti dal nostro modo di vivere.
I pericoli sono insiti nella standardizzazione dei beni, nella perdita delle stagionalità, che scandiscono tutte le comunità in ogni parte del pianeta, e nello spreco alimentare.
La standardizzazione ci porta a rispondere ai bisogni del mercato e a richiedere cibi che sono sempre meno rispondenti alla cultura nella quale siamo cresciuti e sempre più rispondenti ad un bisogno indotto che vuole che i pomodori siano sulle nostre tavole tutto l'anno o che le mele siano sempre perfette e lucenti. La stagionalità è un bene prezioso da recuperare per evitare delle distorsioni di mercato che vedono in estate i pomodori coltivati nel sud Italia gettati al macero perché pagati troppo poco e al tempo stesso in inverno dei pomodori prodotti nelle serre olandesi nei nostri negozi. Recuperare le tradizioni significa anche razionalizzare il sistema che governa l'industria agroalimentare, favorendo delle produzioni locali (cosiddetto km 0) e un controllo sociale migliore nelle fasi di produzione che, quindi, non coinvolgano manodopera sfruttata e sottopagata (numerosi sono i casi, vi consiglio, giusto per avere il sentore della punta dell'iceberg, il documentario "Il sangue verde" di Segre).
Ultimo ma non per ultimo lo spreco del cibo, tema di quest'anno del Salone del Gusto-Terramadre, lo spreco è la faccia perversa della globalizzazione: da un lato il sistema produttivo, per la realizzazione masse critiche raggiunte le quali convenga produrre, tende ad avere delle produzioni che eccedono il fabbisogno reale con l'effetto di gettare al macero quantità di prodotto buono solo perché non si addice ad alcuni standard (ricordo ancora mia mamma portare buste piene di finocchi che sarebbero andati al macero perché non si confacevano agli standard imposti all'azienda per la quale lavorava).
La mania di riempire i nostri frighi, inoltre, ci porta sempre più spesso a non controllare i prodotti che abbiamo e di permettere ad alcuni prodotti di scadere, gettando via del cibo e ricominciando il ciclo perverso.
Recuperare il senso della terra, della stagionalità, del cibo significa recuperare le nostre tradizioni e le nostre culture: potremmo mai costruire un futuro senza tener conto di questi elementi fondamentali?
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