Siamo nel maggio del 1981 e l'Italia è appena uscita dagli anni '70, molto duri a causa del terrorismo e delle Brigate Rosse. Dopo una prima fase di appoggio popolare, le BR perdono consensi nell'opinione pubblica, chiuse in un'ideologia fine a se stessa. Parte da qui la storia narrata da Pierluigi Vito ne "I prigionieri", che racconta il sequestro di Giuseppe Taliercio, direttore della Montedison di Marghera. Il titolo declinato al plurale non è un errore: non troviamo infatti solo la storia della prigionia di Taliercio, ma soprattutto quella della prigionia mentale vissuta dai suoi sequestratori: Marcello, che pensa all'inutilità dell'operazione; Lucia, che di nascosto legge gli scritti del sequestrato e si commuove; Emilio, il più convinto eppure il più colpito dalla personalità del sequestrato. E poi c'è lui, Giuseppe, che nonostante la prigionia fisica trova la libertà grazie alla fede, che nella preghiera scopre una pace che solo chi crede con il cuore può comprendere. Forte, commovente, uno scorcio di un'Italia vicina ma che ci sembra davvero molto lontana.Se fosse cibo:
Un piatto semplice come una zuppa di legumi. Perché Taliercio era un uomo semplice.
Racchiuso in una frase:
"La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà. Se lo ricorda? Era lo slogan più bello del '68. Un usato sicuro: in realtà era un motto degli anarchici del secolo scorso. Dio mio, erano le armi più potenti che possedevate, la fantasia e l'allegria della gioventù, da opporre a una vecchia élite che irrancidiva dopo aver fatto il suo tempo. Lo sghignazzo e l'imprevedibilità potevano essere gli elementi per affrancare un popolo calato in una cappa lugubre. [...] Avete disertato il vostro appello con la storia preferendo seguire dei cattivi maestri, ciechi che vi hanno accecato. [...]" (p.156)
Edizione utilizzata:
Pierluigi VITO, I prigionieri, Augh!, Viterbo 2021.
Dove trovare il libro:
E' facilmente reperibile nelle maggiori librerie fisiche e online (ibs.it, mondadoristore.it, unilibro.it)