New York, seconda metà dell’800. La comunità ebraica prospera ed è una delle anime più vive della città, che si sta trasformando sempre più in una metropoli multiforme. In questa comunità trovano espressione personaggi fuori dal comune: c’è chi cerca tribù perdute di Israele tra gli indios, chi vuole trasformare un lago in una fonte di acqua frizzante versandovi dell’anidride carbonica, chi mette in scena un’opera tetrale al limite dell’assurdo e chi fa cabala contando i rutti della gente. Ben Katchor, disegnatore newyorchese, ci trasporta con “L’ebreo di New York” in una città e in una comunità che non ci sono più. Un racconto a tratti distopico, adatto un pubblico che già conosce un minimo le dinamiche interne all’ebraismo. Curioso e nostalgico.
Giudizio: accettabile
Se fosse cibo:
Levivot, delle crepes al formaggio tipiche della festa di Shavu'ot.
Racchiuso in una frase:
"Sholem-aleykhem, gut morgn! Alabado sea qui numbre por que siempre bien nos Dio. Come va? Sono Vervel Kunzo, arrivo qui da Berlino, sotto gli auspici non ufficiali della verein fur kultur und wissenchaft del juden (La società per la cultura e la scienza ebraiche) per redigere un rapporto sulle manifestazioni culturali tipiche degli ebrei di New York. [...]" "Tutti gli ebrei illuminati di Berlino indossano tute di caucciù oggigiorno?" "Ah, ah, ah! No, faccio delle passeggiatine acquatiche come esercizio fisico, ma uno non dovrebbe giudicare nulla dalle apparenze. L'ebreo non è un esemplare da museo da ammirare la domenica pomeriggio." (p.93)
Edizione utilizzata:
Ben KATCHOR, L'ebreo di New York, Mondadori, Milano 2004.
Dove trovare il libro:
E' facilmente reperibile sui maggiori e-commerce italiani (mondadoristore.it, ibs.it) nelle bancarelle online dell'usato (www.comprovendolibri.it, www.abebooks.it)
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